Jasa presenta la sua startup al Web Summit di Lisbona nel 2016 |
Il vecchio pony express (ricordate il film con Jerry Calà?) si adegua alla sharing economy e diventa on demand. In teoria ci sono benefici per tutti: «Il cliente, colui che deve spedire qualcosa, risparmia circa il 50% rispetto alle tariffe dei corrieri. E il pony può ammortizzare un po’ le spese di viaggio», spiega Jasa, 26 anni, amministratore delegato, che con altri due fondatori, Stefano Bertocco e Andrea Bodrighi, ha appena lanciato onPony da Londra.
Nell’attesa che a giungo arrivi anche l’applicazione per Android e iOs, per ora tutta l’attività si concentra sul sito.
Ecco come funziona il servizio ONPONY:
Ci si iscrive linkando anche il profilo Facebook e possibilmente quelli di BlaBlaCar, LinkedIn e AirBnb. «In questo modo ogni utente è più trasparente, si possono vedere i feedback che ha già ricevuto su altre piattaforme e capire se è affidabile», spiega il Ceo. Una volta iscritti chi ha necessità di far recapitare un oggetto ne indica dimensioni, peso e destinazione e offre una remunerazione. Mentre chi sta per partire fa sapere dove sta andando, la data del viaggio e il tipo di pacco che può mettere in valigia (peso e grandezza). Se c’è un match il pony può accettare il compenso offerto oppure rinegoziarlo. Una volta che i due utenti si sono messi d’accordo si incontrano e l’oggetto in questione passa di mano.
«Sul sito abbiamo delle linee guida, consigliamo ai pony di verificare sempre personalmente cosa stanno per trasportare», sottolinea Jasa.
Appena il pony si prende carico del pacco viene generato un codice che attesta il passaggio di consegne. Un secondo codice viene creato quando il pacco arriva sano e salvo a destinazione. Quest’ultimo codice sblocca il pagamento che avviene tramite PayPal. Il cliente versa una quota a onPony che equivale al 10% della transazione. Non ci sono altri costi. Da maggio ci sarà anche una nuova opzione: si potranno fare consegne (o chiederne) anche all’interno della stessa città, non solo a lungo raggio. Infine i due utenti scrivono la recensione l’uno dell’altro che servirà per costruire la loro reputazione all’interno della comunità.
Sulla carta, molto semplice. Ma rimane il fatto che si affida un oggetto o dei documenti, potenzialmente importanti, a uno sconosciuto. Può bastare condividere il profilo Facebook per essere ritenuti credibili e affidabili? È questa la scommessa di onPony. E in verità di tutta la sharing economy. Inoltre rimane sempre la seccatura, per il cliente, di dover incontrare di persona l’utente fattorino per consegnargli il pacco. «Ma neppure chi offre un passaggio con BlaBlaCar ti viene a prendere sotto casa. E con AirBnb non puoi fare il check-in quando vuoi come in hotel», fa notare il Ceo. Insomma, l’economia della condivisione richiede qualche compromesso in nome del risparmio.
Per ora onPony ha trecento utenti iscritti e un centinaio di viaggi disponibili nel suo database (in Italia e all’estero). Ancora pochi per capire se funzionerà e se diventerà un fenomeno come i suoi predecessori.
Il servizio ha finora raccolto 160.000 euro di finanziamenti («da amici e amici di amici») e si sta apprestando a concludere un altro round da un milione di euro. I fondi andranno in parte nel marketing e nella promozione del sito che si concentrerà soprattutto sugli studenti Erasmus, la fascia di utenti che più di tutti potrebbe fare crescere la startup.
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