Ebbene, il legislatore ha pensato di correre ai ripari e disciplinare normativamente tale condotta pensando non solo alle vittime ma anche ai carnefici. Ciò in quanto, all’interno di un sistema penale garantista, quale il nostro, si ritiene ugualmente importante risolvere il problema partendo dalla radice: e, dunque, cercando di capire quali siano le motivazioni che spingono ragazzi e ragazzini a inveire contro i loro coetanei, istigandoli, nelle peggiori delle ipotesi, anche al suicidio.
Nello specifico, nel testo di legge approvato, il cyberbullismo viene definito come “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni realizzata per via telematica”. Per completezza, i soggetti che possono subire gli esiti nefandi di tali condotte sono stati estesi anche a uno o più componenti della famiglia del minore, precisando che “lo scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”.
Per fronteggiare a questi problemi, il rimedio proposto dal legislatore è quello di inoltrare al titolare del trattamento o al gestore del sito internet, un’istanza per l’oscuramento, la rimozione o il blocco dei dati personali del minore, previa conservazione di quelli originali . Se entro le dodici ore successive a partire dall’inoltro dell’istanza, il soggetto destinatario non ha dato conferma di aver assunto l’incarico di provvedere all’oscuramento, alla rimozione o al blocco di qualsiasi dato personale del minore, e se non vi provvede entro le quarantotto ore successive, l’interessato può rivolgere analoga richiesta, mediante segnalazione o reclamo, al Garante per la protezione dei dati personali, il quale, entro quarantotto ore dal ricevimento dell’atto, deve provvedere, ai sensi degli art. 143 e 144 del citato decreto legislativo sul trattamento dei dati personali.
Ecco un servizio sul tema realizzato da ADKRONOS
Quest’ultimo rimedio, può essere esperito anche nella circostanza in cui sia impossibile ab origine identificare il titolare del trattamento o il gestore del sito internet. Per assistere i minori e le loro famiglie, la norma prevede la formazione del tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo, al quale hanno aderito le maggiori associazioni italiane che si occupano dei diritti dei minori e dell’infanzia (tra i quali il Garante per l’infanzia e l’adolescenza), che ha il compito di redigere un piano di azione perfezionato con le finalità predette, che va ad integrare a sua volta il codice di autoregolamentazione per la prevenzione e il contrasto al cyberbullismo, rivolto agli operatori che forniscono servizi ai social networking e agli altri operatori della rete internet.
Le linee di orientamento stilate dal suddetto organo serviranno agli operatori scolastici che dovranno studiarle e applicarle, trattando in prima persona con gli adolescenti coinvolti. Lo scopo è proprio quello di promuovere azioni mirate a contrastare il cyberbullismo, e di educare alla legalità al fine di favorire nei ragazzi comportamenti di salvaguardia e di contrasto.
Infine, quando il caso lo consente, fino a quando non è proposta querela o non è presentata denuncia per i reati di cui agli artt. 594, 595 e 612 c.p. nonché all’art. 167 del codice del trattamento dei dati personali, commessi mediante la rete internet, da minorenni di età superiore agli anni quattordici nei confronti di altro minorenne, è applicabile la procedura di ammonimento, ex art. 8, commi 1 e 2 del D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con modificazioni dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, e successive modificazioni.
Ai fini dell’ammonimento, il questore convoca il minore, unitamente ad almeno un genitore o ad altra persona esercente la potestà genitoriale. Gli effetti dell’ammonimento cessano al compimento della maggiore età. Triste e amaro assistere al declino dell’uomo di fronte alla tecnologia. Lo strumento che in teoria servirebbe a migliorare le nostre condizioni di vita, nella realtà si trasforma in una macchina assassina che si alimenta di frustrazione, violenza e odio.
Il bullismo non è un fenomeno sociale che nasce nella nostra epoca, ma certamente, oggi, raggiunge picchi di altissima ferocia e di mera crudeltà. Se leggiamo le statistiche ci rendiamo conto che tra i giovanissimi che frequentano le scuole medie inferiori il fenomeno tocca numeri preoccupanti. A tal proposito, credo che sia utile gettare lo sguardo ai dati raccolti dall’Istituto Nazionale di Statistica nel documento pubblicato il 15 dicembre 2015 relativo all’anno 2014, “Comportamenti offensivi e violenti tra i giovanissimi: Bullismo”, secondo cui:
“Nel 2014, poco più del 50% degli 11-17enni ha subìto qualche episodio offensivo, non rispettoso e/o violento da parte di altri ragazzi o ragazze nei 12 mesi precedenti. Il 19,8% è vittima assidua di una delle "tipiche" azioni di bullismo, cioè le subisce più volte al mese. Per il 9,1% gli atti di prepotenza si ripetono con cadenza settimanale. Hanno subìto ripetutamente comportamenti offensivi, non rispettosi e/o violenti più i ragazzi 11-13enni (22,5%) che gli adolescenti 14-17enni (17,9%); più le femmine (20,9%) che i maschi (18,8%). Tra gli studenti delle superiori, i liceali sono in testa (19,4%); seguono gli studenti degli istituti professionali (18,1%) e quelli degli istituti tecnici (16%). Le vittime assidue di soprusi raggiungono il 23% degli 11-17enni nel Nord del paese. Considerando anche le azioni avvenute sporadicamente (qualche volta nell'anno), sono oltre il 57% i giovanissimi oggetto di prepotenze residenti al Nord. Tra i ragazzi utilizzatori di cellulare e/o Internet, il 5,9% denuncia di avere subìto ripetutamente azioni vessatorie tramite sms, e-mail, chat o sui social network. Le ragazze sono più di frequente vittime di Cyber bullismo (7,1% contro il 4,6% dei ragazzi). Le prepotenze più comuni consistono in offese con brutti soprannomi, parolacce o insulti (12,1%), derisione per l'aspetto fisico e/o il modo di parlare (6,3%), diffamazione (5,1%), esclusione per le proprie opinioni (4,7%), aggressioni con spintoni, botte, calci e pugni (3,8%). Il 16,9% degli 11-17enni è rimasto vittima di atti di bullismo diretto, caratterizzato da una relazione vis a vis tra la vittima e bullo e il 10,8% di azioni indirette, prive di contatti fisici. Tra le ragazze è minima la differenza tra prepotenze di tipo "diretto" e "indiretto" (rispettivamente 16,7% e 14%). Al contrario, tra i maschi le forme dirette (17%) sono più del doppio di quelle indirette (7,7%).”
Leggendo questi dati, gli interrogativi che mi sono posta e che mi sgomentano allo stesso tempo sono: “Quanta importanza siamo disposti a dare alla società e quanta siamo disposti a darne agli individui virtuali?”. Insomma, se un giovane è capace di un gesto estremo, come l’autolesionismo o il suicidio, solo perché viene denigrato, umiliato o preso in giro dalla community di una chat on line, mi chiedo: “Cosa stiamo insegnando ai nostri figli?” Forse, io, nata nel 1987, e cresciuta in un periodo storico nel quale internet iniziava timidamente a fare capolino nelle nostre vite, non posso rendermi conto di come gli adolescenti contemporanei percepiscano il mondo del web. Tuttavia credo che una cosa in comune a tutte le generazioni ci sia: ciascuno di noi, chi in un modo e chi in un altro, cerca l’approvazione degli altri per le più svariate e molteplici ragioni, il che non è una cosa preoccupante di per sé.
Il vero problema è quello di capire il valore che questi ragazzi danno alla vita e alla dignità umana, alle relazioni sociali e all’amor proprio, e il bilanciamento di tutti questi elementi messi insieme.
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