lunedì 9 gennaio 2017

L'Italia che innova, ecco Gipinto

LAS VEGAS. Per trovare Giuseppe Pinto bisogna scendere ai piani bassi. E un percorso complicato durante il Consumer Electronic Show (Ces), la grande fiera della tecnologia presa d'assalto da 170 mila persone. Caleidoscopio di innovazione e trovate che per innovazione vogliono passare, dove poco meno di quattromila aziende e startup sgomitano per farsi notare. Raggiungere la napoletana Gpinto significa attraversare i canali posticci del Venetian, uno dei grandi hotel casinò della città, fendendo la folla di turisti e addetti ai lavori.

Al centro congressi che sorge alle sue spalle, si cammina fra gli stand luccicanti del piano superiore fino alla scala mobile che porta al seminterrato. Potrebbe ospitare un campo di calcio: Giuseppe, 33 anni, è in uno dei seicento minuscoli spazi espositivi dove si alternano microscopi tascabili per iPhone, batterie smart, intelligenze artificiali fatte in casa, bracci robotici che servono il caffè. Lui ha portato un giradischi chiamato On. "Che ho costruito pezzo per pezzo proprio in un seminterrato", racconta. "Ma è al centro di Napoli e a differenza di questo non ha nemmeno il bagno".

Di scantinati non ne vedrà più molti. La sua startup, messa in piedi con un amico e la fidanzata, è stata appena acquisita da un marchio storico dell'hi-fi a stelle e strisce, la McIntosh di Binghamton (New York), fondata nel 1949. Pinto lo metteranno a capo del settore ricerca e sviluppo a partire dal 16 gennaio. "Faccio ancora fatica a crederci", confessa sorridendo. "Anche perché stavo per chiudere malgrado avessi per le mani ordini e relativi contratti firmati di aziende che volevano comprare l'On".

La sua è una storia cominciata con i nonni e la loro passione per la musica, i dischi in vinile e gli apparecchi valvolari, quando l'altra fedeltà era ancora termine dotato di un qualche senso. Il primo era un imprenditore che aveva a casa proprio dei McIntosh, il secondo un radiotecnico che costruiva i suoi amplificatori. "On è acronimo di Old and New, vecchio e nuovo", spiega Pinto nella confusione del Consumer Electronic Show. "È un giradischi con trazione a cinghia tradizionale, amplificatore integrato a valvole, connessione bluetooth e un convertitore digitale per ascoltare la musica anche dallo smartphone". Vecchio e nuovo, appunto. Un anno e mezzo fa Pinto ha provato a trovare dei finanziamenti per realizzare la sua idea. Nulla da fare. Allora si è indebitato per mettere assieme i primi prototipi e presentarsi alla fiera Monaco Hi-End ad aprile. "Il brutto? On è piaciuto così tanto che il primo giorno ho ricevuto centoventi ordini da tutto il mondo. Eppure non ho trovato nessuno disposto ad investire nella mia startup. Se avessi deciso di aprire una pizzeria sarebbe stato più facile".

Fortuna che qualcuno si è accorto di lui: sono uscite alcune recensioni positive e il Consumer Electroinc Show lo ha contattato per invitalo a questa cinquantesima edizione offrendogli pochi metri quadrati gratuitamente. E fortuna che al McIntosh Group, nel quale scorre sangue italiano facendone parte anche la Sonus Faber di Vicenza oltre ad altri marchi americani come la Audio Research e la Sumiko, avevano bisogno di qualcuno che portasse idee capaci di unire tradizione e innovazione. Qualcuno nato nell'era di Spotify, cresciuto in un Paese con la cultura del design e con un dna fatto di valvole e vinile. Giuseppe Pinto.

"Certo che sono contento", dice lui quando lasciamo il seminterrato in cerca di un ascensore. "È la cosa migliore che mi potesse capitare. Da solo con la mia startup non ce l'avrei fatta, non in Italia". Mentre saliamo verso il trentaseiesimo piano del Venetian, torna
con la mente ai nonni che ormai non ci sono più. Avrebbe voluto festeggiare con loro. Sa che sarebbero stati contenti di vederlo entrare nella suite riservata dalla McIntosh, con la sua vista mozzafiato sul deserto del Nevada, pronto a diventare la mente della divisione ricerca e sviluppo.

(FONTE repubblica.it)